Frederick Graham Speidel, L’eredità templare nella
massoneria - Il Rito di York (a cura di Franco Valgattarri), Mimesis editore,
2010 (€.14,00)
Veramente ricco e documentato il saggio di Frederick
Graham Speidel, che, pure in un volumetto di dimensioni contenute (146 pagine)
e di agile lettura, riesce a tracciare un’esauriente presentazione del Rito di
York, della sua storia, del suo simbolismo, penetrando i segreti delle tre
camere (il Capitolo dei Liberi Muratori dell’Arco Reale, il Concilio dei
Maestri Reali ed Eletti o Massoni Criptici, e la Commenda dei Cavalieri
Templari), ma - prima di ogni altra cosa - tratteggia le caratteristiche della
Massoneria Azzurra (nei tre gradi di Apprendista, Compagno d’arte e Maestro).
E fa tutto questo lungo percorso muovendosi su quel
crinale sottile, impervio e pericoloso che separa la storia dalla leggenda,
senza mai trascendere nella paccottiglia «di genere» che troppo spesso affligge
la letteratura massonica, ma d’altra parte senza cedere alla tentazione di un
approccio freddo e distante come talvolta risulta quello meramente accademico.
Speidel esce vittorioso da questa sfida per propri
meriti, ma certamente anche perché la massoneria si presta a questa lettura
doppia (ancorché difficoltosa), fondata tanto sulla storia quanto sul mito.
Merito va anche a Franco Valgattarri che ha curato
l’edizione italiana di un’opera che ha ormai più di quarant’anni (risale al
1978), ma pare non risentirne, anche perché il curatore italiano non ne è un
semplice traduttore ma ha svolto abilmente il suo ruolo di adattatore al
contesto attuale italiano.
Ma il giudizio sarebbe incompleto se tacessimo un
difetto, tutto italiano, del libro: vuoi per sfruttare abilmente il filone
templare che sta riscuotendo tanto successo, vuoi per l’italica mania di non
rispettare nella traduzione i titoli originali, il volume promette nel titolo
ciò che in realtà non può mantenere: l'eredità templare della massoneria non si
esaurisce infatti nel Rito di York, ma permea ad esempio alcuni gradi del Rito
Scozzese Antico ed Accettato, di cui nel libro non si trova traccia, mentre il
saggio di Speidel si sofferma lungamente, come detto, sulla Massoneria
dell’Arco Reale e su quella Criptica, che non hanno una diretta filiazione (o
anche solo ispirazione) templare. Ma certo non è colpa di Speidel, che aveva
onestamente intitolato il libro «The York Rite of Freemasonry, a History and
Handbook», la cui traduzione letterale suonerebbe semplicemente come «Il Rito
di York della Massoneria, una storia e un manuale».
Peccato davvero, perché con la carenza di volumi
italiani sul Rito di York (escludendo saggi molto specifici su alcuni peculiari
aspetti, ricordiamo appena un paio di opere firmate da Massimo Graziani e poco
più) il libro ne avrebbe forse potuto trarre dei vantaggi, persino in termini di
marketing.
Marco
Rocchi
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