Massimo Agostini, Il mistero di Maria Maddalena, dai Vangeli gnostici ai “Rex Deus”, Edizioni Grapho5, 2012, €.15.00.
Un filo sottile lega l’antico culto della Dea Madre, il mito di Iside e la figura di Maria Maddalena, per arrivare – sapientemente occultato – fino a noi.
Un filo sottile, si diceva. Ma anche molto evidente e convincente se a mostrarlo, a dipanarne il groviglio, è una guida che sa di cosa parla (e non sarà un caso che a farsi carico della prefazione sia stato nientemeno che Sir Ian Sinclair).
E Massimo Agostini, di professione medico, si dedica da tutta la vita a leggere il significato, oltre le mere apparenze, di 2000 anni di storia del cristianesimo (con inevitabili richiami ben più antichi, come si è già accennato).
Agostini studia per sé, prima di tutto – e chi scrive, avendo la fortuna di conoscerlo personalmente, può offrirne una testimonianza di prima mano – ma poi si prodiga per trasmettere, con una passione trascinante, ma con pochissime concessioni alla retorica, ciò che ha appreso in lunghi anni di ricerche. E lo fa nella consapevolezza – credo – che certe cose non si comprendono con la lettura, ma attraverso la meditazione, e col lavoro su se stessi.
La lunga storia, che l’Autore racconta con sapienza, parte da Gesù e dalla Maddalena per arrivare a templari e catari, passando per gli gnostici e i cabalisti ebrei. E poco importa se Agostini prende le mosse da un affresco raffigurante la Maddalena, recentemente tornato alla luce durante un restauro della chiesa di San Domenico a Fano: la partenza è locale, ma la vicenda è universale.
È la storia della stirpe reale – ossia dei Rex Deus – ma è anche la storia del Graal col suo carico di fascinazione e suggestione.
Ma è anche, e soprattutto, la vicenda di una delle più grandi rimozioni che la storia abbia perpetrato: quello della Maddalena, della sua figura storica, ma ancor più del suo significato simbolico: “Maria Maddalena (…) è il simbolo del rinnovato patto con l’Uno Universale, con il Dio Immutabile e Inconoscibile, ben diverso da quello emozionale dell’Antico Testamento; un Dio buono, fonte di ogni manifestazione che si fa carne per la salvezza dell’umanità”.
La lettura non può che essere in chiave iniziatica, perché così è stata tramandata; poiché, come scrive Agostini: “Il limite della storia è che a scriverla sono i vincitori, sicché ai perdenti non resta che rifugiarsi in un linguaggio nascosto, trovando in esso lo strumento per tramandare ai posteri la propria verità”.
L’unico limite del libro – non difetto, si badi bene – è che, proprio per il suo prendere le mosse da un affresco fanese, esso rischia di venire collocato tra le tante opere localistiche, mentre il posto che merita è in ben altra posizione, tra opere di ben più vasto respiro.
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